Le maschere drammaturgiche possono essere frutto di un processo alchemico del tutto simile a quello di una scultura, e sono uno dei rarissimi esempi di ierofania universale.
Le maschere drammaturgiche — quelle che si usano per il teatro — possono essere il frutto di un processo del tutto simile a quello di una scultura, processo alchemico che non può essere descritto compiutamente, trasformato in una ricetta efficace, ma esattamente come per una scultura se ne può parlare intorno, se ne può approfondire la tecnica, ma l’anima rimane celata alle parole e vive solo nell’opera.
Gran parte degli oggetti che fanno parte del nostro quotidiano, possono essere considerate ierofanie1, manifestazione del sacro. Le ierofanie sono sempre storiche, dato che si producono in periodi determinati e con il tempo possono mutare il loro valore simbolico. Sono generalmente locali in quanto il senso ne è chiaro solo ai membri di una comunità locale; per alcune di esse la percezione mitico-simbolica può essere universale, nota ovunque, anche se tende a modificarsi con il tempo. Le maschere sono uno dei rarissimi esempi di ierofania universale che ha conservato, invariata nelle varie epoche e nei diversi luoghi, la propria valenza. Questa è forse la chiave del profondo fascino che sempre esercitano, dell’oceano di significati e significanti che gli attribuiamo, anche se qui trattiamo di una piccola nicchia estremamente specifica: le maschere drammaturgiche.
Il tema della maschera da teatro come opera d’arte, la possibilità di “scrivere” drammaturgie costruendo una maschera… una maschera nuda, da sola in scena.
1 Vedi: Mircea Eliade, Trattato di storia delle religioni, Bollati Boringhieri, Torino 2008; pag. 3 – 32
LA COLLEZIONE MASCHERATOTALE
Le maschere, le marionette, le scenografie, le sculture, i dipinti, le fotografie di Fabio Butera.