Minnaloushe: le maschere per Il Gatto e la Luna di W.B.Yeats.
Una piccola parte del segreto esoterico che attiene alla realizzazione delle maschere: Minnaloushe: le maschere per Il Gatto e la Luna di W.B.Yeats. Ripropongo questo articolo scritto per: Maria Ficara, Embodied words upon the stage : W.B. Yeats, translation and theatre-making Trinity College (Dublin, Ireland). Italian Department. 2015
5. Le maschere Minnaloushe, dal diarlo di lavoro di Fabio Butera.
Inizio il lavoro per realizzare le maschere per una messa in scena de “II Gatto e la Luna” di W.B. Yeats, tradotto da Maria Ficara.
Dopo le iniziali letture e chiacchierate, per cercare di inquadrare il lavoro mi concentro su di alcuni passi della drammaturgia, quelli che mi sembrano focali per inquadrare una possibile dinamica della messa in scena.
Con il regista, Claudio La Camera, abbiamo deciso di indirizzarci, per tutta una serie di motivazioni pratiche di maggior facilità d’uso per gli attori, verso “mezze maschere” del tipo dalla Commedia dell’Arte, realizzate in cuoio.
Le maschere per i due attori mi appaiono chiaramente appartenere a due zanni e sembrano calzare come un guanto per Arlecchino e Pulcinella. Scarto però l’ipotesi più scontata e cerco di immaginare gli attori in scena, recitanti i passi che avevo prescelto. Ho subito una forte suggestione: il viaggio di Re Gylfi verso Ásgardhr, – raccontato da Snorri Sturluson nell’Edda – quando entra nella grande sala vede Gangleri che gioca con i pugniali e poi inizia ad interrogare Hár [l’Alto] Iafnhár [l’Altrettanto alto] Thirdhi [il Terzo] seduti su tre alti seggi, uno sopra l’altro. Sono tutti epiteti di Ódhinn.
II testo sapienziale sembra sovrapporsi a quella del Gotto e la Luna, sia fisicamente, con i suoi tre personaggi seduti uno al disopra dell’altro e nell’opera di Yeats con lo zoppo sulle spalle del cieco, che nel dialogo, dato che in entrambi i casi non sono altro che domande rivolte a se tessi. La suggestione diventa concreta: gli attori avranno maschere identiche.
Mi ritorna allora alla mente, l’esperienza di uno spettacolo del “Pulcinella a pezzi” che facemmo nel 2001 presso la Casa Circondariale di Reggio Calabria. Ad un certo punto irrompe sulla scena Amina indossando la maschera di Giangurgolo, e nasce un duetto spiazzante.
Carico da queste suggestioni cerco di condensare nella maschera il ritmo delle sequenze di testo e la diversissima fisicità dei due attori all’interno di una stessa maschera. Modello il bozzetto in plastilina.
Rispolvero dagli scaffali alcuni libri di Yeats, che io avevo in edizione tradotta in italiano, nel fare questo mi capita sotto gli occhi la poesia “Il Gatto e la Luna” che avevo completamente dimenticato. Leggendola tutta per intero – non frammentata come è riportata nel testo teatrale – l’intenzione dell’autore di mettere in scena un qualcosa di simile a tutto quello che avevo elaborato fin qui mi appare palesata con chiarezza. Il Gatto Minnaloushe e la Luna sono in fondo la stessa cosa, quasi una verifica che la strada da me immaginata era corretta.
Un’ultima riflessione: ho seguito un percorso di suggestioni e immagini personale, basato sul rappresentarsi speculativamente la messa in scena. Se fossi partito da uno studio più tradizionalmente filologico, iniziando il lavoro dall’analisi della poesia da cui ha preso origine la pièce teatrale, quasi certamente sarei arrivato al medesimo risultato. Mi sembra la prova, quasi fosse una verifica matematica di un teorema, della solidità ferrea della drammaturgia.
Questa è la breve storia di: Minnaloushe: le maschere per il Gatto e la Luna. Alcuni frammenti del segreto esoterico che attiene alla realizzazione delle maschere.
6. Maria’s feedback on Fabio’s work.
I was impressed by Fabio’s work and by what he recorded in his working diary. His suggestion that the tw o masks in The Cat and the Moon should be identical makes perfect sense to me. The interesting thing is that he does not know the brief introduction I gave the performers, where I trace a parallelism between the Blind Beggar and the moon and between the Lame Beggar and the cat.
Furthermore, Fabio knows nothing about the tw o real acquaintances who inspired Yeats’s characters. In the chapter entitled “Dramatis Personae” in his Autobiographies, Yeats talks about George Moore and Edward Martyn, “the two cousins and inseparable friends, bound one to the other by mutual contempt.” Yeats explains that he “described their friendship in a little play called The Cat and theMoon [s/c]; the speaker is a blind beggar-man, and Laban is a townland where Edward Martyn went to chapel.” (Yeats, Autobiographies, op. cit., p. 402)
Yeats also quotes as if from “gossips” that “‘the holy man […]has the big house at Laban and he goes knocking about the roads days and night with that old lecher from the country of Mayo, and he a woman-hater from the day of his birth’.” (ibid). Yeats concludes: “M oore and Martyn were indeed in certain characteristics typical peasants, the peasant sinner, the peasant saint.” (ibid). Two identical masks, in Fabio’s choice, therefore suit the tw o inseparable cousins Yeats describe in his autobiographical memoirs, but also the theatrical opposites, the peasant “couple” he finds they represent.
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